È quell’inizio perfetto, come aprire una lattina di birra a strappo... che mi fa capire che andrà bene esattamente come prevedevo, e le parole scorreranno senza intoppi nella mia mente. È allora che penso: “se solo avessi un foglio potrei scrivere tutto” ma succede sempre che mi trovi su un bus o un aereo, o che stia guardando un film al cinema. Ieri è stato un aereo il mio momento di ispirazione massima. Seduta, per fortuna, vicino al finestrino con una strana passeggera alla mia destra, ho potuto pensare ai fatti miei mentre guardavo nella notte buia; il cielo era limpido, non c’erano nuvole, né vento e quando si è avvicinata Parigi è stata tutta una visione di luci tremolanti che formavano strane sagome, sembrava una città di stagno, lucida e argentata. Poi è arrivata Londra, tutta d’oro, spessa e solida, niente tremolii ma tanta luce abbagliante e strane forme di pennacchi a spirale, attorcigliati e tutti uguali come quei bracciali a 24 carati a maglia larga che portavano gli aspiranti pugili nei film degli anni 50’. Pugili, lanterne tremolanti da balconcini del 700 e sospiri romantici dell’800. Mi chiedevo da dove venissero tante parole nella mia testa ormai vuota, come il cranio del conte Ugolino. Ma chi e’ il conte Ugolino? Da anni aspiro ad una forma di vuoto mentale, un niente quasi assoluto che a detta di molti guru dovrebbe prima illuminarti e poi trasportarti nelle stratosfere dell’estasi (io mi accontento di quelle della felicità, mai parola ha avuto per me un suono più dolce!) Ma tutto quello che ho ottenuto è stata un specie di lobotomia volontaria e di vuoto assoluto in cui la bellezza e la ricchezza delle parole è stata sostituita con il silenzio e il nulla; e poi all’improvviso ieri, bang! Una parola dopo l’altra, un’esplosione di immagini verbali di iperbole, di parole mancanti che non ricordavo più, quell’invasione di alieni benigni nel mio cervello è stata come fare una torta e trovarci un diamante dentro che non sai da dove sia spuntato. Parole, parole, mie amiche e compagne, se solo ricordassi tutti i pensieri che riempivano il cervello come panna dentro i bignè e ricotta nei cannoli. Quando ritornerò dal mio maestro zen gli chiederò a cosa serve una mente vuota e perché dovrei bandire le mie amate parole dai miei centri nervosi e dai recettori mentali che li sbattono avanti e indietro come palline da ping pong in un'eterna partita a tennis (se qualcuno ha mai giocato a tennis con palline da ping pong avrà idea di cosa parlo!) Forse c'è qualcosa che non ho capito ma ognuno ha esigenze diverse e il vuoto verbale e letterario non fa per me. Voglio continuare a lasciarmi trasportare da inaspettate formulazioni di idee: a volte strane e allarmanti, a volte divertenti, a volte persino sagge ma il nirvana è ancora molto lontano dai miei pensieri che governano sovrane la mia mente a torto o a ragione.
When I was about 12, Lady Caterina, that's how we addressed her, took me, my sister and her nephews, who happened to be my cousins, to an old country estate partly in ruins, which had belonged to her family since 1861. My cousins and I used to spend a lot of our pleasurable time with her and we loved her very much; everything about Lady Caterina was fun and an adventure. She could be bossy at times −used as she was at giving orders− but she laughed a lot and liked children. The appearance was that of a prima donna and her manners matched her looks: her silvery hair had a strange touch of purple, she talked incessantly in a high pitch voice and was always ready for action, which could take the form of an exquisite cake, a trip to the country or improvised sonatas on the grand piano in her sitting room. That day she came around with her driver in her big car and took us to a sunny, remote and enchanted place. There, the smells and the light, the barking of dogs and the whis...

Comments
Post a Comment