Sono perfettamente
d’accordo con l’analisi di Annapaola per quanto riguarda i casi di Amanda
Hocking, J.K. Rowling e E.L. James ma non per la Ferrante. Pensate davvero che
sia una sconosciuta o uno sconosciuto? A me sembra proprio il classico esempio
di una raffinata strategia di marketing ideata a puntino dalla casa editrice.
Altrimenti, se così non fosse, chi pubblicherebbe mai una sconosciuta e per lo
più anonima? Ma forse mi sbaglio, non ho mai lavorato in publishing e non ho
nessun contatto nel ramo.
Io non so cosa vogliano i lettori quando
aprono le prime pagine di un libro o girano la schermata del kindle, ma so cosa
cerco io quando sfoglio un libro. Voglio che le parole siano come perle che
scorrono sul marmo, e ogni tanto una salta e rimbalza. Sono quelle le parole
che arrivano come frecce nei tuoi spazi più reconditi. Non cerco
necessariamente una storia che mi tenga in sospeso, ho letto libri in cui
accadeva poco o niente ma dove anche i fatti più comuni avevano un tono da
rivelazione. Quando leggo un libro che secondo me ha tutte le qualità che cerco
lo capisco subito perché sento che è scritto con sincerità , e lo scrittore,
donna o uomo che sia, cerca a tutti i costi la verità , la sua verità , qualunque
essa sia. Non c’è niente di più bello che avvolgersi tra le frasi di quei
libri, ne esci inebriato, ti sembra di avere trovato un amico, ti sembra di
parlare a te stesso, ti sembra che qualcuno finalmente ti abbia capito. E
allora esci da casa felice e contento come se andassi ad incontrare qualcuno a
cui vuoi veramente bene. Il libro entra nella tua testa e anche quando
dimentichi la storia e le parole, l’essenza del libro rimane dentro di te.
Quando quest’anno è morto Imre Kertész ho pianto di rabbia perché non avrei mai
più potuto leggere un suo nuovo libro, e perché mi sembrava di conoscerlo
nonostante le nostre vite fossero così lontane nel tempo e nello spazio. E ogni
volta che uno scrittore mi lascia e se ne va mi sembra che un amico mi abbia
lasciato. Forse sono troppo viscerale ma sto dicendo la verità . Il primo libro
in cui mi sono tuffata dentro da bambina è stato ‘Alice nel Paese delle Meraviglie’
poi è arrivata Anna Frank. Mi sono innamorata di entrambe, per me l’una era
come la continuazione dell’altra, in un modo strano: entrambe bambine, entrambe
curiose di esplorare la vita, entrambe finite in trappola, ma una esce fuori
dall’incantesimo e l’altra rimane intrappolata e non si salva più. Forze
macabre e odiose, più di quelle contro cui deve lottare Alice, si impossessano
di lei. Quanti libri meravigliosi avrebbe potuto scrivere se soltanto avesse
resistito per altri due mesi. Due mesi ancora e Anna sarebbe stata liberata e
l’incubo atroce in cui si trovava sarebbe finito. Purtroppo Alice non venne a
salvarla con le sue pozioni magiche, come avrei voluto io. Ma di pozioni
magiche la letteratura ne ha tantissime. E ritornando all’argomento
dell’articolo, penso di avere trovato la risposta. Mi è arrivata così,
all’improvviso, come succede sempre quando si scrive si aprono le dighe
dell’immaginazione. Quello che i lettori vogliono da un libro è proprio questo,
è una bella, unica e invincibile pozione magica. Ce l’hai?
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