Ho
perso la storia, ho perso la trama. Devo avercela avuta una volta, ma ora l’ho
persa, così, all’improvviso.
Ieri mentre camminavo per strada mi sono accorta di non essere la sola, chiunque su
cui posassi lo sguardo o a cui tagliassi la strada non aveva storia. Uomini e
donne senza storia, camminavano facendo finta di nulla. I bambini nelle
carrozzine sembravano presi a prestito, figli di uomini e donne senza storia,
non parlavano.
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Oggi ho
pensato di andare in Alaska. Ho pensato che forse lì, in mezzo a tutto quel
candore, avrei ritrovato la mia storia. Lì, tra quelle case di legno coperte di
neve avrei camminato lungo le strade deserte, guardando le vetrine dei bar
fumosi con tante facce che ti guardano, e allora sarei entrata dentro uno di
quei bar e avrei chiesto se nessuno l’avesse vista passare da lì.
Un uomo
mi disse, ‘Ho visto qualcosa di simile 10 anni fa, qualcosa che ti somigliava
un po’. Sperando di saperne di più lo guardai e gli offrii da bere. Era
nascosto dal fumo grigio chiaro della sigaretta ed i suoi occhi azzurri
coloravano l’aria come pennellate in un quadro astratto. Non sapevo che dire.
Ero senza storia e anche senza parole. ‘Dieci anni fa?’ dissi dopo un lungo
silenzio, ‘potrebbe essere il pezzo che mi manca.’
‘Passava
di qui in fretta’ disse l’uomo ‘non si fermò a lungo; è volata giù oltre le montagne in un giorno di sole, poi
ha cominciato a nevicare e non l’ho più vista. Era come un aquilone, mi ricordo,
leggero, aerodinamico, ma il gelo l’ha appesantita ed è scomparsa. Non saprei
dirti dov’è finita. Succede sempre così da queste parti, ne arrivano tante di
storie, colorate, con i titoli, con i fiocchi. Dopo avere viaggiato per
chilometri finiscono sempre qui, sai, è il vento del nord. Ce ne saranno
migliaia oltre le montagne. Sono sicuro che c’è anche la tua. Non so in che
condizioni la troverai ma puoi sempre provare a cercarla se ci tieni. Era una
buona storia? Voglio dire, valeva la pane di fare questo viaggio? C’è chi le
ritrova le storie e poi le rivende a metà prezzo, perché si accorgono che sono
storie ormai vecchie. C’è anche chi vende le storie degli altri, quelle che non
vuole nessuno. Sono là ferme per anni, non servono più a niente. Il vecchio Tom
ci si guadagnava da vivere prima di trasferirsi a sud. Qui faceva troppo freddo
per lui.’
Lo
ringraziai e gli dissi che mi era stato molto utile. L’uomo fece un cenno con
il capo e aggiunse, ‘E’ da parecchio che non vedo più nessuno. Tu sei la prima.’
Poi si
alzò e mi sorrise. Prima di andarsene si mise il cappello, alzò il bicchiere e
disse, ‘A tutte le storie perdute.’ Fu così che brindammo io e lui.
Avrei
voluto che rimanesse ancora un poco. Lo seguii con lo sguardo mentre si avviava
verso la porta e poi vidi le sue spalle sparire tra la folla.
Rimasi
seduta cercando di non pensare a nulla. Tra poco la luce sarebbe diminuita e le
strade sarebbero state inghiottite dal buio. Senza quello sconosciuto mi sentii
improvvisamente sola e impaurita. Guardai fuori, l’aria cristallina sembrava
una lastra di vetro tra il cielo e la terra. I raggi pallidi e rarefatti del
sole si posavano di sfuggita su tutte le cose, senza mai riscaldare nulla. La
neve e il ghiaccio incorniciavano tutto, dai contorni delle case ai bordi dei
marciapiedi. Il bianco non era solo bianco, ma ora azzurro, ora grigio, ora
quasi nero.
Avevo
affittato una macchina ed una casa in cima alla montagna. Decisi di lasciare la
città e godermi le ultime luci del tramonto in mezzo alla neve immacolata del
sentiero. Se fossi arrivata a casa prima del tramonto mi sarei sentita più al
sicuro e tutti i miei timori si
sarebbero dissipati.
Così
lasciai il bar, pensando di ritornarci qualche giorno dopo, e dopo essere
salita in macchina, misi in moto, e scivolai lungo lo stradale. Dallo
specchietto retrovisore vedevo le ultime case che si allontanavano e sparivano.
La strada davanti a me era vuota. Mi sentivo come su di un veliero spinto dal
vento e dalle onde spumeggianti. Una calma immensa mi circondava, niente incubi
né paure. L’asfalto della strada sembrava il tappeto morbido di un grande
hotel. Mi sentivo protetta come dentro una navicella spaziale. La strada si
faceva sempre più ripida, come una pista d’atterraggio in salita da dove
decollare verso le nuvole. Girata l’ultima curva mi trovai ad un tratto di
fronte ad una casa di legno nera col tetto rosso. Il mio viaggio era finito.
La
porta era aperta, c’era un biglietto poggiato sul tavolo con su scritto: la
chiave è nel forno, il latte sul davanzale. Benvenuta. Dopo un bagno bollente
andai a letto e sognai neve bianca coperta di bucaneve gialli, rossi e azzurri
e neve azzurra coperta di bucaneve bianchi. Era tutto morbido e silenzioso.
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