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L'Etna, la non-montagna

La montagna, quella vera, l’associo sempre con una foto di mia madre con gli sci ai piedi, un sorriso da diva, e la giacca a vento (forse) rossa, mentre posa accanto a suo fratello Gianni, con gli occhiali da sole.

In contrasto, la mia montagna, quella che ho sempre conosciuto e apprezzato sin da bambina, erano i pendii estivi delle Alpi con l’erba e le stelle alpine; i prati e le mucche pezzate. A noi non era permesso andare a sciare sull’Etna: stranamente, mio padre ci ha sempre tenuto lontane da qualsiasi ‘sicilizzazione’.

Per me l’Etna era qualcosa che potevo ammirare a distanza dalla finestra di casa nelle giornate limpide, ma non mi era permesso metterci piede. Diciamo che era una visione, un effetto speciale messo lì per i turisti, e per abbellire il paesaggio.

Non mi sono mai chiesta perché dovevamo andare cosi lontani per arrivare in montagna, visto che ce n’era una a circa due ore di macchina: la risposta è che, come ho già detto, non lo consideravo un luogo reale, solo un abbellimento del paesaggio: come il sole di giorno, e le stelle la notte.

La prima volta che andai sull’Etna, in gita scolastica, ebbi la conferma delle mie opinioni. L’Etna era così grande e maestosa che non ti accorgevi nemmeno che stavi salendo; non c’erano pendii, e non c’erano valli; non c’erano montagne da ammirare; e più salivi, e più l’unica cosa di cui eri consapevole era il mare che si allontanava all’orizzonte. Lungo il tragitto non c’erano sentieri di montagna, ne’ recinti con i maiali dentro; ma città barocche con chiese, viali alberati, e bar dove potevi comprare arancini e gelati al pistacchio; e città normanne semi-derelitte. Più salivi e più la montagna scompariva dalla tua vista, sino a quando arrivavi al paesaggio lunare dei crateri. Ed è proprio quello che pensai una volta arrivata in cima, non mi sembra di essere in montagna mi sembra di essere sulla luna.

Era ovvio che l’Etna era come un gigante, per vederla dovevi starci lontano, se ti avvicinavi scompariva. 

Evidentemente mio padre questo lo sapeva già, e a casa mia, quando si pronunciava la parola ‘montagna’ si sapeva a cosa ci si riferiva.
Mia madre, ogni tanto, nominava con nostalgia la ‘sua’ montagna e le sciate invernali, ma veniva subito derisa e guardata con sospetto. Allora io alzavo lo sguardo dal libro di turno e guardavo fuori dalla finestra quella grossa ciambella di panna con il fumo sopra, ‘mamma, quella non è la montagna, è l’Etna’, e mi rituffavo subito dentro le righe.

 Per qualche strano motivo, da cinque anni a questa parte, passo ogni anno un lungo weekend sull’Etna. Anche se ho cercato spiegare per anni ad una mia amica perché, per me, l’Etna non è ‘montagna’, solo ora, scrivendo questo pezzo, ho finalmente capito il perché.



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